I nostri tablet e smartphone sono dotati di ricevitore GPS che consente di localizzare il nostro dispositivo e fornire quindi servizi in base a dove ci troviamo. L’Internet degli Oggetti (Internet of Things) è la rivoluzione industriale ormai alle porte che consente di mettere in rete miliardi di oggetti. Diventa sempre più semplice tracciare i nostri spostamenti.
I dati sulla nostra posizione forniti dalle applicazioni possono essere utilizzati non solo a fini commerciali ma anche da malintenzionati per pianificare e mettere in atto furti, truffe o peggio.
Il problema è legato ai servizi di localizzazione ma non solo.
I servizi di localizzazione sfruttano la tecnologia GPS satellitare, di derivazione militare anche se degradata nella precisione, per localizzare un dispositivo. Il GPS consente di utilizzare servizi come il navigatore satellitare, di recuperare il vostro telefono se lo smarrite, di sapere che un vostro amico sta correndo nel parco non molto lontano da voi, quanto ci vuole per raggiungere il vostro ristorante preferito ecc.
Smartphone e tablet che hanno a bordo la SIM per collegarsi ad internet e telefonare possono essere identificati anche grazie alla distanza a cui si trovano dalle antenne di telefonia mobile anche se con minore precisione.
C’è chi afferma che parlare di privacy non ha più alcun senso da quando nel 2009 la Electronic Frontier Foundation, che si batte per da difesa delle libertà civili nel mondo digitale, ha lanciato l’allarme circa l’attacco alla “location privacy” ovvero alla riservatezza circa il luogo in cui ci troviamo. Secondo un rapporto del 2013 inoltre, riportato su Scientific Report, infatti bastano quattro punti spazio-temporali per identificare il 95% di noi. In pratica a quanto sembra basta conoscere quattro luoghi e momenti precisi in cui può trovarsi una persona per identificarla grazie ai dati provenienti dai dispositivi mobili accessibili pubblicamente, come l’indirizzo di casa, il luogo di lavoro e messaggi condivisi sui social network. Secondo gli autori dello studio chi porta con sé un dispositivo mobile, di fatto, non ha alcuna vera privacy.
I dati relativi alla nostra posizione sono collegabili alle foto che scattiamo, ai video, ai messaggi che inviamo, alle App, ai dispositivi che utilizziamo e trasportano informazioni sulle nostre abitudini e su dove è probabile che siamo o che saremo nel futuro.
I dati vengono utilizzati per predire quello che faremo e per offrirci sempre nuovi servizi e prodotti e informazioni altamente personalizzate. Vi sono anche nuovi dispositivi che avremo sempre più intorno a noi e talvolta anche addosso a noi (i cosiddetti dispositivi indossabili, gli ‘wearable‘) che forniranno anche essi informazioni per localizzarci.
Tecnologie come iBeacon, RFID, NFC ecc. e più in generale l’Internet degli Oggetti (IoT), consentono di scambiare informazioni e di comunicare con altri dispositivi elettronici contribuendo alla nostra localizzazione, per fornirci informazioni e servizi ma anche per aumentare il quantitativo di informazioni riguardo a noi.
È bene sapere che anche le App di gioco accedono ai vostri dati di posizione ma solo il 53% delle App più popolari lo fa.
Quello che possiamo fare è prendere coscienza del fatto che l’informazione su dove ci troviamo è preziosa per molte persone sia per fini puramente commerciali che per altri fini. Come tale questa informazione va “regalata” con cautela attivando e disattivando i servizi quando veramente ci servono e, in alcuni casi, ricorrendo anche alla protezione vera e propria delle informazioni sulla nostra posizione.