Se facciamo insieme la medesima ricerca su Google, ciascuno sul proprio browser, otteniamo tutti lo stesso risultato? Abbiamo voluto questa scheda sui rischi del web per chi ha risposto spontaneamente “si”.
Dal 4 dicembre del 2009 Google ha deciso che ognuno di noi veda i risultati che secondo il suo algoritmo PageRank sono più adatti a noi. Ognuno di noi vede qualcosa di diverso.
Questa sezione è una brevissima introduzione a quanto descritto a fondo nel libro di Eli Pariser “Il Filtro. Quello che internet ci nasconde”.
Se i vantaggi di una navigazione personalizzata, facilitata da pezzettini di informazione, chiamati cookies, lasciati sul vostro computer e utilizzati per comprendere sempre più a fondo chi siamo e che gusti abbiamo, sono la semplicità e la comodità nel trovare informazioni su internet, dobbiamo anche essere a conoscenza di quali svantaggi tutto questo comporti.
Se abbiamo espresso che siamo a favore dell’aborto vedremo un web diametralmente opposto a chi ha espresso di essere contrario. E se questo può anche farci piacere è bene che riflettiamo almeno un poco sul tema.
Se il prezzo da pagare per un livello di personalizzazione estremamente sofisticato come quello offerto da Google, Facebook, Amazon e gli altri grandi del Web, fosse solo l’essere tempestati di annunci pubblicitari relativi alla ultima cosa che abbiamo cercato su Google, non sarebbe poi un prezzo molto alto.
Ma la personalizzazione influisce anche sulle scelte dei video che guardiamo, dei blog che leggiamo. I filtri stabiliscono per noi le cose che ci piacciono in base a quello che facciamo e a quello che interessa a persone che hanno comportamenti di navigazione simili ai nostri. Ci viene creata una bolla invisibile intorno a noi, spesso a nostra insaputa.
I filtri sono indispensabili per far fronte all’enorme quantità di informazioni e dati che ogni giorno vengono messi in rete. Ma hanno un costo sia personale che culturale da considerare e da discutere con i nostri figli.
La sociologa Danah Boyd nel suo discorso al Web 2.0 Expo del 2009 disse:
“Il nostro corpo è programmato per consumare grassi e zuccheri perché in natura sono rari… Allo stesso modo siamo biologicamente programmati per prestare attenzione alle cose che ci stimolano: contenuti volgari, violenti o di tipo sessuale e pettegolezzi umilianti, imbarazzanti o disgustosi. Se non stiamo attenti rischiamo di ammalarci dell’equivalente psicologico dell’obesità. Di trovarci a consumare contenuti che sono dannosi per noi stessi e per la società.”
E vi sono anche rischi a livello di società. Robert Putnam nel libro “Capitale sociale e individualismo” mostra come vengono attaccati e si stiano pericolosamente assottigliando i legami di fiducia reciproca e di lealtà che ci spingono a scambiarci favori e a collaborare per risolvere problemi comuni.
“Uno scoiattolo che muore davanti a casa vostra può essere più interessante per voi delle persone che muoiono in Africa” – Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook.
Fonte e approfondimenti: The Filter Bubble
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